martedì 31 gennaio 2017

I nostri racconti (laboratorio primo quadrimestre)

UN CASO A PARIGI

Mi sono svegliato con la sveglia che suonava: ore 8,30 di sabato 23 gennaio.
Accendo il telefono e vedo che ci sono cinque chiamate perse da parte di un numero sconosciuto. Richiamo subito; mi risponde una giovane donna e senza poter dir niente lei subito risponde: “Finalmente signor Gordon, speravo richiamasse; deve venire qui a Parigi per un caso molto importante. Non posso dirle nient’altro per telefono, è top secret. Quando arriverà le daremo tutte le informazioni di cui siamo a conoscenza. Il nostro jet sta venendo a prenderla, sarà lì a minuti, non si preoccupi per le valigie.” Non faccio in tempo a dir niente che la ragazza misteriosa riattacca. Non mi era mai capitata una chiamata del genere; non mi ha dato nessun punto d’inizio e non so neanche se si tratta di un rapimento, una truffa o un omicidio. Decido di partire, anche se non credo di aver altra scelta; apro l’armadio e prendo giacca e cravatta abbinati con una camicia bianca.
Il tempo di chiudere l’armadio e prendere il telefono che sento l’aereo arrivare. Esco, chiudo la porta e mi ritrovo davanti un imponente aereo con strisce azzurre sui lati e le punte delle ali nere.
Dall’aereo esce un uomo alto con la tuta rossa e delle rifiniture argentate: “Lei deve essere il signor Gordon; io sono l’aviatore Rayan dell’esercito”
“Lieto di conoscerla”. Avvicinandosi al jet mi fa segno di salire.
Noto subito che è un aereo molto sofisticato con delle poltrone nere in pelle e un angolo bar.
Mi fa cenno di sedermi su una di queste poltrone, mentre si avvia verso la cabina del pilota, mi avvio verso la zona bar e prendo qualcosa da bere e da mangiare siccome non ho potuto mangiare niente prima di partire.
Mi siedo e prendo una rivista dove ci sono appuntati dei nomi, ma non ci faccio molto caso e giro la pagina. 
Il viaggio da Milano a Parigi in aereo è abbastanza veloce, dura in media un’ora e mezza, ma noi ci abbiamo impiegato solo mezz’ora grazie a questo potente Jet.
Arriviamo verso le ore 9,00; lì ad aspettarci c’è una ragazza: “Signor Gordon, finalmente la vedo di persona! Mi dispiace di non essermi presentata prima al telefono, ma ero impaziente di dirle tutto: sono Sharon Baxter. ”
Nel frattempo un uomo anziano si avvicina e fa un segno alla signorina che immediatamente si allontana: “Bene, bene, quindi lei deve essere il signor Gordon. Io sono il commissario Conte.
Vi avviso, io ero contrario al farla venire, perciò non creda di poter contare su di me. Lei non mi piace!” Lo guardo un po’ stranito “Mi spiace non piacerle e non ho proprio intenzione di ostacolarla nella sua ricerca (anche se non so ancora su cosa sia il caso)” appena si allontanò da dietro di me sentii la voce della signorina Baxter chiamarmi.
In foto: alcuni lavori esposti all'open day

Saliamo su un’auto tutta nera con i finestrini anti-proiettili; mi domando a cosa serva tutta questa sicurezza. La ragazza assume un’espressione seria e mi guarda dritto negli occhi: “Senta, il caso per cui l’abbiamo chiamata è molto importante e segreto. Il motivo per cui abbiamo scelto lei è che lei è l’unico ad essere in grado di arrivare al colpevole; sappiamo che ha collaborato con gli agenti segreti americani e la CIA. Quello che le dirò non dovrà uscire di qua” annuisco “La sera del 20 Gennaio abbiamo ritrovato il corpo di Richard Drasper nel suo ufficio”
“Mi scusi, Richard Drasper?”
“Si proprio lui, il celebre scienziato, era accasciato sulla sua scrivania; sappiamo che stava lavorando per un caso e sospettiamo che sia stato ucciso per questo.”
“Quale caso?”
“Adesso ci arrivo, circa un mese fa, abbiamo ritrovato, sempre nel suo ufficio, un altro scienziato: Brad Casper e sulla schiena di entrambi i corpi abbiamo trovato una scritta. Entrambi stavano lavorando ad un caso segreto avvenuto circa dieci anni fa dove sono morte molte persone, circa cinquanta, con un gas dalla natura sconosciuta. Sospettiamo che i colpevoli siano un gruppo numeroso. La scritta sulla schiena degli scienziati uccisi è MORT” 
“Che in italiano significa MORTE, giusto?”
“Esatto! Sono stati uccisi nello stesso modo; alla stessa ora ed ognuno lavorava allo stesso caso segreto”
“Dovrei farle una domanda: ci sono altre persone che lavorano al caso degli scienziati?”
“Sì! Il dipartimento segreto di Scienze e il nostro dipartimento di spionaggio” A questa risposta faccio una faccia preoccupata; devo assolutamente capire il collegamento tra di loro, tra i casi e la parola MORT, magari è un codice, oppure è semplicemente un pazzo che si diverte ad uccidere e marchiare le proprie vittime.
Ma la domanda che più mi assilla è: “L’assassino come ha fatto ad entrare ed uscire indisturbato da un edificio così protetto e sorvegliato come la Corporation?” 
Era tutto molto strano.
Dopo questo discorso in macchina regnava un silenzio inquietante. Arrivammo alla Corporation e all’ingresso c’erano cinque agenti che ci stavano aspettando.
La signorina Baxter li salutò e loro ricambiarono il saluto; mi presentò: “Agenti ,questo è il signor Gordon, qualunque cosa lui dica è legge”
Senza cambiare espressione gli agenti ci portarono sulla scena del delitto. Mi ritrovai davanti ad una scena del delitto abbastanza classica se non per un particolare; sulle pareti c’era, scritta col sangue, la stessa parola che c’era sulla sua schiena: MORT.
Prima che io potessi fare qualsiasi affermazione arrivò di corsa un uomo “Su-sulla mia pa-parete…”
Ansimava, la signorina Baxter lo invitò a calmarsi: “Ci faccia vedere” gli dissi.
Mi guardò e annuì.
In foto: alcuni lavori esposti all'open day


Ci condusse nel suo ufficio e notai sulla parete che diceva “Sto venendo per te, faresti bene a nasconderti”. Guardai la signorina Baxter “Non l’aveva mai fatto prima, vero?” prima che lei potesse rispondermi arrivarono altri scienziati che avevano la stessa scritta. Qualcosa mi diceva che stanotte qualcuno sarebbe morto. Diedi l’ordine di stare tutti nella hall per la notte e qualunque spostamento andava autorizzato. Ci trovammo tutti alle ore 20,00 come prestabilito. Le luci si spensero all’improvviso e subito si udirono tre colpi di pistola. Questa volta il killer non aveva potuto agire nel suo modo operandi. 
Dopo le urla di paura notammo tre corpi a terra: Nicole Dixton, Max Stats e Giampietro Francois. Nessuno di loro aveva il marchio ma sulla porta della hall c’era quella parola che non ci aveva dato pace: MORT.
Il giorno dopo arrivò l’aviatore Rayan che mi invitò a pranzo ed io accettai molto volentieri. Parlammo per ore del caso, poi mi fece una domanda: “Mi scusi, non gliel’ho chiesto prima, per caso senza farlo apposta, l’altro giorno quando è arrivato ha preso una rivista dal mio aereo?”
Controllai nella borsa e notai qualcosa che non c’entrava con i miei documenti, lo tirai fuori ed era proprio la rivista che mi stava chiedendo “Eccolo qua, non mi ero resa proprio conto di averla presa” 
“Non si preoccupi” Questa frase la disse come se fosse infastidito. Gliela porsi e così facendo cadde qualcosa, ma non feci in tempo a diglielo che era già sparito.
La raccolsi da terra: era una foto che ritraeva lui con altre sette persone di cui cinque le conoscevo bene, erano gli scienziati che erano stati uccisi, ma in questa foto nessuno aveva un camicie o una tuta da aviatore. Erano tutti vestiti con jeans e una canotta bianca; si vedeva che in questa foto erano tutti più giovani, ma erano comunque riconoscibili.
Dietro la foto c’erano otto nomi che non appartenevano a nessuno, erano otto nomi a cui io avrei trovato i proprietari.
Decisi che non c’era tempo per avvisare nessuno, qualcosa mi diceva che qualcun altro sarebbe morto stanotte. Entrai nel sito della polizia e cercai tutti e otto i nomi e mi vennero fuori otto facce , tutte riconoscibili, facevano parte di un gruppo che si chiamava “MORT”, era tutto più chiaro, l’unica cosa che non capivo era “Perché cambiare nome? E chi li stava facendo fuori? Perché?” 
Dovevo andarlo a chiedere ai diretti interessati. Andai nel hangar per cercare “Rayan” e lo trovai solo che era in compagnia di altre due persone, le stesse della foto.
“Allora, l’hai trovata la foto?”
“Doveva essere dentro la rivista, ma non c’è, non la trovo”
“E se qualcuno l’avesse vista?”
Persi l’equilibro e feci cadere una chiave inglese, subito i tre si girarono.
Brayan tirò fuori una pistola, me la puntò contro
“Da quant'è che è qua signor Gordon?”
“Da abbastanza per aver capito, li hai uccisi tutti tu vero?” gli altri due lo guardarono spaventati e dissero insieme:” Li hai uccisi tu?”
Brayan mi guardò con disprezzo: “Non dovevano saperlo, ora dovrò uccidere anche loro; lei è un mostro!” lo guardai mentre caricava quella dannata pistola, ora era puntata contro quei due poveretti; non doveva morire più nessuno!
“Fermo! Quella pistola ha ucciso già troppe persone, ha tolto la vita a persone innocenti, non voglio che riaccada!”
“Su questo si sbaglia, ispettore, erano tutto tranne che innocenti! Suppongo che la foto ce l’abbia lei e che quindi abbia fatto delle ricerche su quei nomi…”
Gli diedi la foto e guardandolo negli occhi gli dissi “So bene quello che avete fatto, tu e il tuo gruppo, ma perché ucciderli?”
“Avevamo deciso di cambiare vita, identità, ma una settimana fa decisero di costituirsi e così facendo ci avrebbero mandato tutti in galera; ma io…io no non potevo permetterlo, ora avevo un aereo, avevo una vita, una casa tutta mia, non potevo permettere a nessuno di portarmi via tutto.”
Ora la pistola si era posata sulla sua tempia, meritava quella fine, ma non potevo permetterlo “Non facciamo stupidaggini!”
“Tu! Non sai niente di quello che ho passato!”
“Hai ragione io non so proprio niente, ma una cosa la so, tu non vuoi morire!”
Cadde a terra distrutto dal suo stesso gesto, poi mi guardò: “Prima di chiamare promettimi che non dirai a nessuno che loro facevano parte del mio stesso gruppo. Se qualcuno deve finire sul fondo quello sono io!”
Lo guardai con compassione, annuì. Presi il telefono chiamai la signorina Baxter che arrivò subito con cinque agenti che presero “Rayan” e lo ammanettarono.
Spiegai tutto quello che avevo scoperto e di come erano andate le cose.
Rayan prima di finire dietro le sbarre sospirando mi guardò e mi disse “Non si dimentichi di me!...”
Beatrice R. 2 E

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