martedì 31 gennaio 2017

I nostri racconti (laboratorio primo quadrimestre)

UN BEL FINE SETTIMANA

2017. In una villa splendida ( e con splendida intendo il “paradiso”: ciò che è più tranquillo e beato per vivere),  viveva una ragazza di nome Beatrice, per gli amici Bea, con i suoi genitori: Rita e Giulio, ed i suoi quattro fratelli straordinari. E così diversi tra loro! Non solo perché Alessandra e Massimo erano biondi e gli altri due bruni: no, erano proprio diversi in tutto.
Alessandra, per esempio, come aveva fatto a venir su così saggia?
Non che Beatrice conoscesse a fondo i pensieri che passavano dietro la fronte liscia di sua sorella, però sapeva che lì c’erano intelligenza, calore e onestà.
Poi c’era Massimo, il più sveglio dei tre maschi, il più fantasioso e anche il meno tranquillo. Nicolas, invece, aveva dimostrato calma e sicurezza e salute fin dal giorno della nascita. Era il più sereno ed equilibrato della famiglia Merson.
Per Nicolas, Beatrice lo sentiva, tutto sarebbe stato facile nella vita.
E Paolo? Che vita si prospettava a uno che poteva mettersi a piangere perché la gente sull’autobus aveva la faccia triste, oppure perché aveva incontrato un gatto che sembrava senza casa? Come avrebbe potuto reggere, a lungo andare, a quel suo continuo crucciarsi perché qualche persona, o qualche gatto, o cane non era abbastanza felice?
Eppure sapeva anche essere allegro, in un modo tutto suo. C’erano cose che lo rendevano felice, come per esempio starsene seduto tutto solo nella rimessa delle reti ad ascoltare la pioggia che tamburellava sul tetto, oppure accovacciarsi in un angolo della soffitta durante i temporali.
Paolo era anche uno scienziato, e come tale aveva molte cose da fare: starsene per  esempio disteso sull’erba a osservare che cosa combinavano tutti quei piccoli insetti; o sporgersi dal molo a studiare il meraviglioso mondo di smeraldo, dove i pesciolini d’argento vivevano la loro piccola vita di pesciolini d’argento, o star seduto sui gradini della porta di casa nelle notti d’agosto a guardare accendersi le stelle e cercar di riconoscere Cassiopea, l’Orsa Maggiore e Orione. Paolo assaporava l’esistenza come una serie ininterrotta di miracoli, ed era continuamente occupato a cercare di studiarli, devoto e paziente come si addice a un vero scienziato.
La villa era a due piani, con anche la tettoia diritta, dove si estende una magnifica terrazza con grande piscina non troppo bassa, dotata di due scivoli ed un trampolino non troppo alto. Per riempire la piscina è presente un tubo dell’acqua. Vi è dell’erba sintetica a terra che fa da tappeto. Ci sono dieci sedie sdraio con tavolini ed ombrelloni compresi; un gazebo bianco con sotto cinque poltrone in vimini plastificate, dove si rinfrescano quando comincia a fare caldo ma non troppo da voler entrare in piscina.
La villa ha una facciata color pesca, dove attraverso le finestre si intravede una casa antica, ma con dei particolari anche moderni, sempre ordinata e sistemata.
La famiglia va sempre d’accordo, anche i ragazzi non litigano quasi mai.
La villa è contornata da un giardino verde con dietro un orticello, nel quale vi sono piantati ortaggi di vario genere.

alcuni lavori esposti all'open day
Beatrice è una ragazza dolce, carina, simpatica e solare. Si veste quasi sempre casual. Le piace tanto uscire a divertirsi con le amiche, cantare, ballare, cucinare, disegnare, ma soprattutto dormire, è la sua “passione”. Per questo motivo aveva, anzi si era scelta, uno spazio della casa, una specie di stanza spaziosa per dormire, rilassarsi e pensare. Infatti organizzava spesso dei pigiama party con le sue amiche.
Un venerdì sera ne organizzò uno ed invitò le sue migliori amiche, Cat Valentine e Sam Paket.
Le due amiche arrivarono nello stesso momento, suonarono al citofono del portone principale e  Beatrice si precipitò ad aprire. Le salutò affettuosamente e piena di entusiasmo al pensiero di passare tutta la notte insieme.
Le due amiche entrarono e anche loro erano eccitatissime.
-        Ciaaaaao Bea!!!!! - Dissero Cat e Sam.
Andò loro incontro anche un altro membro della famiglia, il cane Pachi.
Nessuno ha mai saputo da dove venisse: era color miele con una bella coda sempre in movimento e gli occhi carboncino che sembravano voler scoprire chissà quali segreti.
Lungo la siepe del giardino scavava sempre buche profonde dove nascondeva tozzi di pane o palle sgonfie.
Fin da piccolo capiva quello che gli uomini dicevano; era sensibile alle inflessioni delle loro voci nelle lodi e nei rimproveri, che gli mettevano nel cuore una grande malinconia. Abbassava la testa, metteva la coda fra le zampe e si ritirava in fondo al giardino, dietro la grossa siepe che cresceva ostinatamente: era il nascondiglio dove attuava le sue proteste, si riposava dopo le corse e meditava le sue evasioni.
Sì, perché Pachi ogni tanto fuggiva: saltava il muretto, attraversava la strada e si arrampicava per la collina, che chiudeva l’orizzonte come a segnare il limite del mondo. Gli odori della terra gli facevano correre nel sangue un fremito di libertà e una voglia irrefrenabile di assaggiare le erbe, annusarle e rotolarsi beato fra i cespugli.
C’era però una voce dentro di lui che lo richiamava a casa, come un lungo laccio d’amore, che lo legava ai suoi padroni.
Pachi obbediva per farli contenti; l’importante per lui era essere amato, sentire il calore della mano sulla testa e sulla groppa, potersi accucciare ai loro piedi e ascoltare le loro voci.
Un mondo intero non valeva quei pochi momenti d’amore, che questa sera sono pronte a dargli anche le  amiche di Beatrice.
- Hai qualcosa da mangiare? - Disse Sam, come se fosse normale!
La serata divertente cominciò alle 20:00, quando ordinarono le pizze, per mangiarle così intorno alle 21:00.  
Dopo aver finito di mangiare la pizza e aver bevuto tanta Coca Cola, cominciarono a giocare con la casa delle bambole, che era stata regalata a Beatrice proprio quella mattina dai suoi genitori,  in occasione del pigiama party con le amiche del cuore.
Appena ebbero tolto l’involucro...eccola lì, la casetta di un verde scuro, oleoso, color spinacio, ravvivato qua e là da un giallo smagliante. I due solidi, piccoli camini incollati al tetto erano dipinti di rosso e bianco e la porta, che brillava di vernice gialla, sembrava una fetta di torta caramellata. Le quattro finestre, finestre vere, erano divise in riquadri da una larga striscia verde. C’era perfino un piccolo portico dipinto di giallo.
Il gancio laterale era bloccato. Beatrice lo forzò con il suo temperino, aprendo l’intera facciata ed ecco…in un colpo solo si poteva guardare dentro il salotto e in sala da pranzo, dentro la cucina e la camera da letto.
-        Oh! - Esclamarono le ragazze. Era troppo bella,  troppo. Non avevano mai visto niente di simile in vita loro.
Tutte le stanze erano tappezzate e sulle pareti c’erano quadri dipinti sulla carta, con vere cornici dorate. Tappeti rossi ricoprivano il pavimento di tutte le stanze fuorché la cucina; sedie di velluto rosso in salotto, verdi in sala da pranzo; tavoli, letti con vere coperte, una culla, la stufa coi fornelli, una credenza con tanto di piattini e una grossa brocca. Ma la cosa che alle ragazze piacque di più di ogni altra cosa, fu la lampada appoggiata sul tavolo della sala da pranzo, una piccola lampada in ambra, con un globo bianco.
Era persino piena d’olio, pronta per essere accesa, anche se naturalmente non si poteva accendere. Era perfetta!  
Giocarono fino a notte fonda, disturbate di tanto in tanto da Pachi, che reclamava le loro attenzioni per avere coccole.  E loro contraccambiavano con molto piacere.
Sfinite si addormentarono nel sacco a pelo, soddisfatte.
La seguente mattina, molto presto, circa verso le 7:45, Rita, che aveva preparato una sana e nutriente colazione per tutti i ragazzi, disse a Massimo, Alessandra, Paolo e Nicolas di andare a svegliare le amiche. Loro, birichini, presero delle pentole e dei mestoli per far rumore e svegliarle.
Beatrice, arrabbiata, andò da mamma Rita e le raccontò tutto, così i fratelli vennero rimproverati. Alla fine però tutti si fecero una sana risata.
Finita la colazione i genitori di Sam e Cat vennero a prendere le loro figlie, che ritornarono a casa felici della bella e emozionante serata passata soprattutto con Bea e Pachi.
Rita, Giulio, Massimo, Alessandra, Beatrice e i loro genitori si prepararono e andarono a trovare i nonni, che sono dei tipi piuttosto particolari. Tanto per cominciare, nella loro casa vivono quindici gatti che girano dentro e fuori, e la sera si acciambellano dappertutto; sui divani di vimini, sui mobili, dentro i cassetti aperti, e naturalmente sui loro letti.
- Papà dice che non è molto sano dormire con i gatti – ha detto Beatrice – perché possono far venire le allergie.
Nonna Lia però ha alzato le spalle.
- Tutte storie! Le allergie vengono per i gas di scarico delle auto, non per i gatti, che sono animali puliti -.
Mentre parlava, stava preparando la marmellata di susine con un gatto appollaiato sulle spalle e tutti gli altri scorazzavano sul ripiano della cucina.

Il nonno e la nonna sono due tipi molto tranquilli e a dir la verità se la prendono parecchio comoda: la mattina non li vedi in cucina prima delle dieci ( ecco da chi ha preso Beatrice!), poi tirano mezzogiorno con la loro attività che consiste nel fare marmellate, verdure sottolio e formaggio con il latte della capretta.
Nel pomeriggio, nonna Lia dipinge ad acquerelli, mentre il nonno prima legge i libri presi in biblioteca e poi, sul tardi, va ad annaffiare l’orto con un lungo tubo verde.
Infine, la sera, si accomodano su alcune buffe sdraio raccolte in un cassonetto vicino ad un villaggio turistico e guardano le stelle.
Mentre papà e mamma sono rimasti in casa a preparare le marmellate coi nonni, beatrice coi sui fratelli si sono diretti verso il torrente.
Il torrente era sempre secco, tranne d’inverno, quando pioveva forte. Si snodava tra i campi gialli come una lunga biscia albina. Un letto di sassi bianchi e appuntiti, di rocce incandescenti e ciuffi d’erba. Dopo un pezzo scosceso tra due colline, il torrente si allungava formando uno stagno che d’estate si asciugava fino a diventare una pozzanghera nera: “ il lago”, lo chiamavano.
Dentro non c’erano pesci, né girini, solo larve di zanzara. Se ci infilavi i piedi, li tiravi fuori coperti da un fango scuro e puzzolente.
Andavano lì per il carrubbo. Era grande, vecchio e facile da salire. Sognavano di costruirci sopra una casa. Con la porta, il tetto, la scala di corda e tutto il resto. Ma non erano  mai riusciti a trovare le assi e i chiodi. Una volta un loro amico ci aveva incastrato una rete di letto. Ma non si stava comodissimi.
Da qualche tempo però nessuno ci saliva sul carrubbo. A loro invece continuava a piacere. Ci stavano bene lassù, all’ombra, nascosti tra le foglie. Vedevano lontano, era come essere in cima ad una nave. Da lì si vedeva il telone verde del camion del nonno prima di chiunque altro.
Si  arrampicarono su un grosso ramo che si biforcava.
Massimo si  tolse la maglietta,  poggiò  la schiena contro il legno, la testa nelle mani e guardava la collina. Era lontana, in fondo alla pianura, e il sole le tramontava accanto. Era un disco arancione che stingeva di rosa sulle nuvole e sul cielo.
-        Massimo scendi! -.
Sotto l’albero c’era Beatrice.
-        Che vuoi? – e si stiracchiò.
-        Mamma ha detto che dobbiamo tornare a casa, sono le 19:30 ed è quasi pronta la cena - .
C’era ancora un po’ di luce, ma entro mezz’ora sarebbe calata la notte.
Avevano tutti una terribile fame.
Nicolas scese dal carrubbo. Arrivati a casa dei nonni trovarono la tavola apparecchiata e la cena servita. Andarono a lavarsi le mani, si sedettero a tavola e mangiarono abbondantemente. Terminata la cena, salutorono i nonni e ritornarono sfiniti a casa, dove fecero una doccia e si addormentarono beati. Per Beatrice fu davvero un bel fine settimana!

Rosa M. 2 E





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